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 S.Giovanni, Barra e Ponticelli-I tesori sacri-1
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barocco1979
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Posted - 18 gennaio 2011 :  17:35:43  Show Profile
SAN GIOVANNI- Percorrendo le vie Reggia di Portici e Ponte dei Francesi si giunge al lunghissimo corso San Giovanni a Teduccio che attraversa tutto l'omonimo quartiere, un tempo casale di Napoli, ricordato fin dal IX secolo, dal XVI secolo luogo di villeggiatura e dal XIX secolo sede di insediamenti industriali. Le chiese si dispon gono lungo il corso: al n.92 si incontra quella di S.Maria delle Grazie, dalla facciata conclusa da timpano triangolare databile intorno al 1883, anno segnato dal portale; al 302 segue quella di Maria Santissima Immmacolata che una lapide di facciata dice eretta a proprie spese dall'abate Giovanni Bello nel 1876. Entrambe le chiese non mostrano opere di interesse al loro interno. Si prosegue verso l'antico nucleo del casale dove si trova l'antica parrocchiale di S.Giovanni Battista ricostruita dopo un crollo sul finire del XIX secolo su disegno di Giuseppe Pisanti che ideò un tempio di forme neorinascimentali, con facciata a cuspide fiancheggiata da alto campanile ed interno a tre navate con cappelle laterali. Le volte furono decorate nel 1931 da Gustavo Girosi in stile vagamente medioevaleggiante. Presso l'ingresso di destra si conserva una colonna miliare del V secolo d.C., con incisi i nomi di Teodosio, Valentiniano ed Arcadio. Per il resto non si osservano opere di rilievo, ove si escludono altari delle cappelle. Uno datato 1760-ed il maggiore, di gusto rococò e di buona fattura. Continuando lungo il corso si giunge in Piazza Pacichelli chiesa in fondo dalla chiesa di Santa Maria del Carmine che mostra consistenti segni di una costruzione da porsi entro la prima metà del secolo XVIII, periodo a cui risalgono gli stucchi e le semplici forme della facciata, dal profilo curvo, con la "Madonna del Carmine" dipinta nella targa sopra al portale. Coevi anche gli stucchi,molto ridipinti, dell'interno, ornato nel 1945 da affreschi di Raffaele Iodice. Nelle cappelle si trovano dipinti del XVIII secolo. Dalla piazza si devia in Via Bernardo Quaranta dove al n.13 è la chiesa di Santa Maria delle Grazie, di aspetto di primo Ottocento, e oltre la chiesa di Santa Maria Maddalena de'Pazzi, di belle linee settecentesche. Quindi si riprende il Corso San Giovanni dove al n.588 si trova la chiesa di S.Antonio, privata di ogni segno di antichità in vari restauri otto-novecenteschi. Una lapide, murata a sinistra dell'ingresso, ci ricorda che essa apparteneva ai Vargas Macciucca,marchesi di Vatolla, e che essendo rovinata dal tempo, Tommaso la restaurò nel 1790. Verso la fine del Corso, dopo il civico 881 è il largo Soccorso su cui affaccia la chiesa di Santa Maria del Soccorso, fondata nel 1517 ma di aspetto neoclassico. Dei primi decenni dell'Ottocento è la facciata, ad un ordine di lesene reggenti la trabeazione e il timpano triangolare. Al centro Madonna del Soccorso, rilievo in stucco coevo. Interno ad una navata, con affreschi di Umberto Colonna del 1937. Sul terzo altare a destra Madonna del Soccorso, scultura del 1822 di Francesco Verzella. In un incasso del muro presso il primo altare a sinistra, si vedono i resti di una "Dormitio Virginis" della prima metà del XVI secolo, molto ridipinta. Sul terzo altare a sinistra è una tela raffigurante la Madonna col Bambino e Santa Monica, attributa da Spinosa a Francesco Celebrano, forse autore anche di un Sant'Agostino, posto in sagrestia. Nel chiostro seicentesco in cui una lapide ricorda che la lava del Vesuvio nel 1631 giunse fino al mare sfiorando il convento.BARRA- Risalendo Via Largo Arso e prendendo Via Botteghelle di Portici sulla sinistra, alla biforcazione di Via Repubbliche Marinare con Corso Sirena procediamo verso destra fermandoci a Piazza Monteleone. Siamo a Barra, territorio già abitato da Romani, casale di Napoli formatosi nella seconda metà del XIII secolo e quindi fusosi nel XV secolo con l'altro, più antico, di "Sirinum". Nel luogo in cui ci troviamo è collocata la Villa Pignatelli di Monteleone, stilisticamente attribuita all'architetto Sanfelice cui subentrò, intorno agli anni del Settecento, il Fuga. Alla Villa è annessa la Chiesa dedicata a Maria Santissima di Caravaggio, anch'essa frutto dei lavori che cominciarono nel 1728, per volere del Duca Pignatelli. Questa presenta una facciata, decorata da stucchi rococò, divisa da lesene e conclusa da timpano triangolare spezzato. Accanto al portale due nicchie con conchiglia. L'interno a navata unica, decorata con stucchi rococò, si conclude con una abside curva, scandita da lesene con capitello ionico. Essa presenta due altari laterali su cui sono posse alcune interessanti tele settecentesche: quella a destra raffigura San Domenico ed è forse di Giovanni Sarnelli, l'altra, a sinistra, mostra la Madonna delle anime del Purgatorio di un allievo del Celebrano (comunicazione orale Nicola Spinosa). La volta della navata a botte è rimarcata da una serie di archi, ornati da modanatura in cui contrastano i colori giallo e bianco. Sopra l'altare si trova una edicola che termina con un timpano triangolare sotto cui a stento si legge un'iscrizione. Al centro c'è il quadro che ha come soggetto Santa Maria di Caravaggio, sicuramente dello stesso autore della tela dedicata alla Madonna delle anime del Purgatorio. Questo culto, probabilmente, potrebbe essere stato introdotto a Barra proprio dai Pignatelli, ma era ben presente da tempo a Napoli. L'altare settecentesco in marmo commesso, è stato in parte depredato dello stemma di famiglia e della balaustra. Un effetto suggestivo è dato dalla cantoria, posta sulla facciata, finemente modanata e decorata da stucchi. Riprendendo il cammino verso il centro cittadino, troviamo sulla sinistra, l'antica Chiesa di Santa Maria della Sanità, più conosciuta come San Domenico con l'annesso convento dei frati. Sorge sulle terre donate nel 1301 da Carlo II ai Padri Predicatori di San Domenico. I lavori di costruzione iniziarono nel 1584 e si protrassero fino al 1649 e, per quello che concerne la Chiesa, anche nel secolo successivo. Il complesso nacque come un distaccamento Domenicano, essendo infatti a quei tempi il luogo salubre consentiva il riposo ai padri ammalati. Parteciparono alla costruzione architetti importanti come Arcangelo Guglielmelli che compare in alcune carte d'archivio e probabilmente lo stesso Francesco Solimena per il progetto della facciata, che presenta un prònao in pietra vesuviana e decorazioni nell'ordine superiore con festoni e anfore laterali, rispettando la tipologia della serliana nei due ordini. Secondo Roberto Pane tale attribuzione sarebbe avvalorata dalla similitudine di questa facciata con quella di San Nicola alla Carità a Napoli sua opera certa. Del resto l'artista visse e morì nel 1747 in una villa a Barra e fu seppellito proprio nella chiesa di Santa Maria della Sanità accanto all'altare nel transetto a sinistra, anche se oggi non si riesce ad individuare il luogo preciso. Placido Troylli che scrive nel 1749 parla anche della partecipazione alla costruzione di Frà'Nuvolo, ma forse l'equivoco nacque per la sua presenza nella Chiesa Madre napoletana, o anche perchè la Chiesa barrese presentava una bella cupola maiolicata rivestita di embrici gialli e verdi. Sul portale del convento si trova uno stemma in stucco retto da angioletti. L'interno della Chiesa è a croce latina, con tre cappelle laterali nella navata. Sulle pareti in alcune nicchie in alto si trovano statue che hanno come soggetto i Pontefici Domenicani Benedetto XIII e Pio V, sulla sinistra, Benedetto XI ed Innocenzo V, sulla destra. Gli altari delle cappelle da attribuire alla seconda metà del Settecento sono in marmo commesso. Dello stesso periodo sono le balaustre che chiudono le cappelle, meno quella della seconda a sinistra che risale ai primi del Novecento. Qui troviamo un'olio su tavola di fine sec.XVI-inizio XVII con una Madonna col Bambino ed angeli che la incoronano, di ambito napoletano, in parte ridipinto conosciuta come miracolosa immagine di Santa Maria della Sanità. Molto belli i due confessionali in radica di noce con intagli, posti in prossimità del transetto. Qui, a sinistra, troviamo il dipinto della Circoncisione di Gesù, firmato da Paolo de Majo e datato 1772. Infatti leggiamo "Paulus de Majo p.expeciali devotione fratis-Philippi de Felice Filij Huyus Conventus A.D.1772". La stessa dedica relativa a fra' Filippo de Felice, compare anche nell'altare sottostante in marmo intarsiato e scolpito, datato 1770. Il transetto, sormontato da una cupola presenta decori murali e grottesche di inizio secolo. Al limite della zona absidale si apre la splendida balaustra marmorea della seconda metà del Settecento, con intarsiato lo stemma domenicano i cui simboli compaiono anche nel coro ligneo dello stesso periodo. Spicca al centro dell'abside la grande tela raffigurante "San Domenico alla Battaglia di Muret contro gli Albigesi", del terzo quarto del Settecento, siglato al centro, sulla gamba del cavallo da Orazio Solimena, nipote del più famoso Francesco che come evidenzia Spinosa riprende in modo acritico e quasi letterale elementi del suo repertorio con accenti devozionali sugli esempi recenti di Paolo de Majo. Ritornando nel transetto troviamo alle pareti, decorazioni plastiche raffiguranti cherubini. Molti cambiamenti risalgono al 1825 quando un restauro mise riparo ai danni dovuti ad un recente terremoto. L'altare a destra del transetto, sempre in marmo intarsiato e scolpito, è datato 1750. Al di sopra troviamo un altro dipinto di Orazio Solimena con la Madonna del Rosario con San Domenico, Santa Rosa da Lima ed altri santi domenicani, siglato in basso a destra, da ritenere del terzo quarto del secolo XVIII. Nella terza cappella destra c'è un'altra tela settecentesca che rappresenta l'immagine miracolosa di San Domenico portata dalla Vergine e da due sante ad un frate di Soriano e nella cappella successiva una tela, forse di Francesco Solimena, con la Madonna e i Santi Domenico, Caterina da Siena e Vincenzo. A sinistra della zona absidale si apre un atrio che conduce alla sacrestia e al chiostro. Vi troviamo una piccola acquasantiera e sulla sinistra una lavabo in marmo scolpito da riferirsi alla seconda metà del XVII secolo. A destra c'è la sacrestia, piccolo gioiello di arte decorativa del XVIII secolo con una serie di dipinti sagomati entro cornici in stucco. Fra questi un tondo con Santa Barbara, posto nel timpano spezzato del portale d'ingresso, e alle pareti altre tele raffiguranti l'Annunciazione, la Nascita di Gesù e la Madonna col Bambino che consegna il Rosario ai Domenicani, di un ignoto solimenesco.Il chiostro presenta al centro il pozzo antico ma il suo aspetto risente dei cambiamenti avvenuti nel 1825.
FINE PRIMA PARTE

Massimiliano Piccenna
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