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 Comitato Portosalvo
 Patrimonio storico-artistico a rischio
 TORNA LA PAURA A S. CARLO ALLE MORTELLE
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Marianna Vitiello
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154 Posts

Posted - 14 settembre 2010 :  14:59:14  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
Ogni tuono provoca un sussulto, ogni goccia di pioggia fa tornare la paura. A Salita San Carlo alle Mortelle, un anno dopo, il dramma della voragine che inghiottì strade, case e una parte della chiesa, è ancora vivo, come una ferita che non guarisce. E il simbolo di quella notte di angoscia è la chiesa: inagibile, sbarrata, vietata.

Monito per abitanti e passanti, sui drammi che nascono per incuria e distrazione. La paura non va via, nonostante le rassicurazioni di esperti e tecnici. Una parte degli abitanti del condominio che confina con la chiesa è in allarme da più di un mese: «Ad ogni auto che passa le nostre case sobbalzano. Successe così anche a l’anno scorso, prima della notte della voragine».



Era il 23 settembre. La pioggia aveva infierito sulla città e aveva rosicchiato l’ultima, fragile, parte di terreno che sosteneva la zona. La voragine si aprì d’un tratto, con violenza. Per le persone che abitavano nell’area si aprirono giorni difficili: palazzi sgomberati, case abbandonate, lavori che, fortunatamente partirono a tempo record per riempire la cavità e restituire un tetto agli sfrattati. Oggi tutti sono tornati in casa. Ma è tornata anche la paura. Il palazzo che si trova al civico numero 2 è «incatenato» alla chiesa. Non in senso figurato ma in senso materiale. Condividono un muro e sono collegati con poderose assi di ferro che s’usavano un tempo. In pratica il destino della chiesa e quello del palazzo sono stretti a doppio filo. E siccome da almeno tre mesi è stato sospeso il monitoraggio satellitare sulla tenuta statica della chiesa, nessuno sa cosa stia accadendo all’edificio sacro e all’edificio confinante:

«Se non crede che il nostro palazzo trema, salga da noi. Così capirà cosa succede». Lassù, ai piani alti del palazzo, succede che quando un’auto più pesante transita sul punto in cui si verificò la voragine, la sedia saltella sotto al sedere e la bottiglia d’acqua sul tavolo comincia a tremolare. Incredibile, e anche preoccupante. Molto preoccupante. Qualche giorno fa a salita San Carlo alle Mortelle è intervenuta l’Arin dopo la segnalazione di una perdita dalla condotta. Gli operai, spiegano dall’Azienda risorse idriche, hanno verificato. È tutto a posto. E poi sono in corso i lavori di posa delle nuovissime condotte che entreranno in funzione tra un mese. Ma la semplice idea che potesse esserci un rivolo d’acqua a scavare nuovi percorsi sotto case e strade, ha messo il panico alle persone di Salita San Carlo alle Mortelle.

Dovrebbe mettere un po’ di panico anche la situazione della chiesa. Dopo la voragine la struttura ha subito una torsione. E con un po’ d’impegno, guardando il muro perimetrale dell’edificio sacro, si riesce anche a notare fisicamente quella torsione. Dopo l’intervento di consolidamento del sottosuolo l’area non è stata giudicata a rischio. Però nessuno interviene per rimettere in sesto la chiesa. La struttura fa parte del «Fec», il fondo per gli edifici di culto che fa capo direttamente al ministero degli Interni. Ci sono persone cortesi e attente che seguono da vicino l’evolversi della situazione. Anche se al momento la situazione è completamente ferma, paralizzata dalla mancanza di fondi. Secondo gli abitanti della zona che sono legati alla chiesa e si battono per la riapertura, i soldi sarebbero potuti arrivare da Arcus, la Spa del ministero per i Beni e le attività Culturali che si occupa anche di progetti di recupero.

Però nel piano 2010-2012, tra i progetti da finanziare in Campania ce ne sono solo due legati ad edifici sacri: uno da 500 mila euro in favore del Museo Diocesano e uno dello stesso valore in favore del restauro di ambulacri e loggiato del complesso monumentale di Santa Chiara. Non ci sono segnali per la rinascita della chiesa di San Carlo alle Mortelle. Anche se il parroco, padre Mimmo Toscano, come leggete nell’intervista qui sotto, non smette di lottare e sperare: vuol restituire la chiesa alla sua gente. E considerata la sua caparbietà è destinato a riuscire nell’impresa.

fonte Il Mattino 14/09/2010

Marcello Mottola
Moderator

Italy
191 Posts

Posted - 16 settembre 2010 :  15:44:53  Show Profile  Visit Marcello Mottola's Homepage  Send Marcello Mottola an AOL message  Click to see Marcello Mottola's MSN Messenger address


Il dissesto, la lettera
Chiesa off limits, il parroco scrive a Napolitano
16/09/2010

«Caro presidente Napolitano, questa lettera rappresenta la nostra ultima spiaggia. A nome della gente del quartiere le rivolgo un accorato appello, ci aiuti a riaprire la chiesa di San Carlo alle Mortelle». La firma in calce è quella di don Mimmo Toscano, parroco della chiesa, chiusa da un anno. Era la notte del 23 settembre quando una voragine inghiottì gran parte del pavimento della struttura seicentesca: da allora il portone è rimasto sbarrato. Il parroco si è imposto una regola, niente polemiche. E mantiene il punto anche di fronte alla plateale assenza di interventi, e al disinteresse che lentamente ha avvolto le vicende della sua chiesa. Anche nella lettera al Capo dello Stato evita di puntare l’indice: non cerca colpevoli, chiede semplicemente un aiuto. «Grazie agli interventi immediati di tutte le autorità - scrive don Mimmo - tutte le persone che furono sgomberate nella notte della voragine sono potute rientrare in casa in tempi rapidi: solo la casa del Signore è rimasta chiusa». La lettera al Presidente della Repubblica arriva in un momento delicatissimo: prima dell’estate sono stati sospesi i controlli satellitari sulla statica della struttura e adesso, dopo l’arrivo delle prime piogge, gli abitanti dei palazzi circostanti percepiscono nuove, preoccupanti, vibrazioni al passaggio delle auto: «È una situazione che aumenta la mia paura - ha detto l’altro giorno il parroco di San Carlo alle Mortelle - se le persone nelle case hanno la possibilità di percepire ogni novità, ogni vibrazione, io dentro la chiesa non posso entrare. Per cui non so se sobbalza come i palazzi circostanti, se scricchiola alla stessa maniera delle abitazioni dei parrocchiani. So solo che da mesi non ci sono operai né tecnici. La chiesa è abbandonata». San Carlo alle Mortelle è uno storico edificio sacro della città: costruito agli inizi del seicento, viene studiato dagli esperti e citato nei libri d’arte. Ma don Mimmo non ne fa semplicemente una questione di recupero monumentale, che pure sarebbe una battaglia condivisibile: il parroco chiede semplicemente che la gente del quartiere ritrovi un punto di riferimento. «I parrocchiani mi sono molto vicini - scrive don Mimmo al Presidente Napolitano - e hanno confermato con la loro costante presenza di essere loro la Chiesa fatta di pietre vive, e non quella costruzione di pietra che, così avvolta nelle strutture protettive, mette nei cuori di tutti noi una grande tristezza. Quel luogo è infatti per la Comunità, e soprattutto per la gente del quartiere, la cui vita è segnata da precarietà e a volte anche da degrado, un segno di possibile riscatto, ma soprattutto un luogo di speranza di un cambiamento sempre possibile».

16/09/2010
Ispezione nel sottosuolo gruviera ecco l’acqua che ha minato le fondamenta

Quando gli speleologi de «la Macchina del tempo» risalgono dalle viscere di San Carlo alle Mortelle, l’ingegner Cardano ascolta la relazione e scuote la testa. Non ha più dubbi: «L’acqua che ha causato le voragini s’è infilata sotto le fondamenta e ne ha minato la solidità. Per far tornare sicuro questo palazzo bisogna partire dalla base». Il palazzo al quale fa riferimento l’ingegnere Cardano è quello che si trova al numero 2 di San Carlo alle Mortelle e confina con la chiesa che è ancora chiusa e pericolante. È l’edificio nel quale gli abitanti sentono pericolosi sobbalzi ad ogni auto che passa, quello dal quale è partito il nuovo allarme sicurezza lanciato con forza dal nostro giornale. E qui bisogna fermarsi e fare un flash back per riannodare i fili della storia. Dopo aver letto sul Mattino le preoccupazioni della gente del quartiere, lo speleologo Luca Cuttitta, presidente de «La Macchina del tempo», ha messo il suo gruppo a disposizione (gratuita) degli abitanti di San Carlo alle Mortelle, per un sopralluogo nelle cavità sottostanti. La macchina organizzativa si è messa in moto in un lampo: a 24 ore dall’sos Cuttitta era già lì con il collega Tullio Gatto. Torniamo al presente, alla spedizione nelle viscere della città che, come accade spesso nella speleologia urbana, ha vie d’accesso imprevedibili. Stavolta per infilarsi nel pozzo che arriva all’antica cisterna a venti metri di profondità, è stato necessario chiedere «permesso» alla salumeria della salita. Il pozzo sbuca esattamente alle spalle del bancone di Ma.Vi. dove si alternano Tonino e Anna, benvoluti da tutti e preoccupati come tutti: «Da un anno non viviamo tranquilli. È nostro diritto sapere se c’è pericolo». Allarme condiviso da Antonio e Alessia Gallozzi che vivono nel palazzo «che trema» e hanno partecipato attivamente a tutti i momenti della spedizione speleologica rimanendo in trepida attesa durante il sopralluogo: «Qui non c’è solo la nostra casa: c’è tutta la nostra vita. Vogliamo sapere se siamo al sicuro o saremo costretti a scappare via un’altra volta». La botola alle spalle del bancone è stretta, il rumore dei potenti frigoriferi assordante. Prima degli uomini, in fondo al pozzo scendono le macchine: una telecamera si infila sinuosa come un serpente, scivola lentamente, esplora il pozzo: non è pericoloso. Poi arriva dentro la cavità, sussulta, ballonzola ma alla fine mostra l’antro: nessuna frana, via libera. Il rombo dei frigoriferi scompare quasi subito, dentro al rettangolino profondissimo del pozzo. Il calore scompare un po’ dopo, quando si toccano i venti metri di profondità dove la temperatura è costante tutto l’anno: quindici gradi. Dentro alla cisterna il consueto irritante scenario: un po’ di sacchetti d’immondizia, tanti rifiuti edili sversati negli anni. E uno strato di pomice. Le pietrine leggerissime sono ovunque: un velo su tutta la base della cavità, una spolverata sul cumulo di detriti che occlude completamente uno dei cunicoli che si diramano nel pozzo. Sono perfino sulle pareti del pozzo, infilate nei buchi che i pozzari scavavano per poter poggiare mani e piedi in modo da favorire la discesa e la risalita. Proprio quello strato di pomice, secondo l’ingegnere Cardano che studia la statica del palazzo per conto dei condomini, è la conferma del pericolo: «Quel materiale è stato trasportato dall’acqua. Quando si è verificata la voragine, il fiume che correva sotto la chiesa e la strada si è infilato proprio dentro al pozzo, ha riempito la cavità sottostante. L’acqua è risalita lungo l’altro pozzo che si trova all’estremità opposta del palazzo e che oggi è chiuso perché sbuca dentro il tinello di un appartamento. Quell’alluvione che è arrivata dal basso ha creato seri problemi alle fondamenta del palazzo». Laggiù, nel cuore di Napoli, però non c’è sensazione di catastrofe. I rumori ovattati e il buio perforato dalle torce danno una sensazione di grande pace, di tranquillità. In mezzo alle macerie arrivate fin laggiù c’è anche una bambola, lo speleologo Cuttitta la prende e le fa fare «ciao ciao» con la manina davanti alla telecamera che trasmette ancora le immagini al monitor nel retrobottega della salumeria: il piccolo pubblico sorride. Lo speleologo s’intenerisce: «Non so dire se le fondamenta del palazzo sono a rischio. Io conosco solo le cavità e dico che questo è un altro posto magico, e dimenticato, della nostra città».


(di Paolo Barbuto - fonte Il Mattino 16/09/2010)



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