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Marcello Mottola
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Posted - 07 marzo 2009 :  14:23:51  Show Profile  Visit Marcello Mottola's Homepage  Send Marcello Mottola an AOL message  Click to see Marcello Mottola's MSN Messenger address
Dalle pagine dei quotidiani si è acceso il dibattito sul “piano di gestione programmata del centro storico di Napoli" presentato dal Comune di Napoli. Il piano dovrebbe progettare ed organizzare in maniera integrata tutti gli interventi necessari per la tutela, la conservazione, la riqualificazione urbanistica di tutto centro storico di Napoli - PATRIMONIO DELL'UMANITA UNESCO dal 1995.

NAPOLI - Il piano del Comune per l´area Unesco
Dal Mercato alla Sanità arte, restyling e imprese
Bandi e incentivi per creare sviluppo ai Quartieri. Un polo della sartoria
(di ANGELO CAROTENUTO - GIOVEDÌ, 05 MARZO 2009 LA REPUBBLICA - Napoli)


Una cittadella degli studi ai Decumani, nei Quartieri gallerie d´arte sartorie e ristoranti, mentre piazza Mercato recupererà i suoi borghi e avrà una casa della letteratura. Ecco l´operazione urbanistica da 220 milioni di euro del Comune nell´area protetta dall´Unesco. Tra le opere: il restauro del teatro Mercadante e una funicolare che unisca il Museo nazionale a Capodimonte. Precedenza alle opere subito cantierabili. Contributi e incentivi per gli insediamenti a tema di imprese nelle varie aree. Nicola Oddati: «Entro marzo si firmano gli accordi. La metà delle opere sarà completata entro il 2011».

I Decumani torneranno la cittadella degli studi e delle arti: università e chiese, biblioteche e conservatorio messi in rete. Nei Quartieri un susseguirsi di gallerie d´arte, bed&breakfast, ristoranti. E un polo della sartoria. Piazza Mercato recupererà i suoi borghi, Sant´Eligio e Sant´Erasmo, come già fatto agli Orefici: qui caffè letterari, l´isola del tessile e la casa del giocattolo. Interventi a tema per l´operazione urbanistica che il Comune prepara nel centro storico, 220 milioni di spesa nell´area protetta dall´Unesco. Con bandi e incentivi per creare sviluppo. L´altra faccia della zona franca di Napoli est.
Dell´originario documento di orientamento strategico facevano parte progetti per 450 milioni. Se ne occupava Felice Laudadio. Quando la delega di giunta ha cambiato ufficio dopo il caso Global Service, Nicola Oddati s´è preoccupato con Pasquale Belfiore di definire le priorità e di partire, creando un piano che dia precedenza alle opere subito cantierabili, quelle che dispongono dei progetti esecutivi. Ecco che Sant´Erasmo avrà la casa della letteratura, curata dalla Fondazione Premio Napoli, e Sant´Eligio sarà sede del laboratorio dell´operazione. Bassi e terranei dei Quartieri da recuperare con il partner Sirena, e nella Neapolis interventi fin dentro la Sanità, ai Cristallini.
Il passo successivo sarà un protocollo da 60 milioni per gestione e affidamenti. Prevede, tra le altre cose, cassonetti a scomparsa per la differenziata e pannelli fotovoltaici ai palazzi pubblici. Il tratto Villa-Municipio (fondi Poin, circa 80 milioni) avrà il museo civico al Maschio Angioino e una sede espositiva a Castel dell´Ovo. E poi il recupero di Echia e delle Casine in Villa, lavori ai Cavalli di bronzo, un museo dell´immigrazione a Varco Immacolatella. Col tocco finale: il restyling del Mercadante sul modello del San Carlo.
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NAPOLI - Oddati chiede condivisione "Metà dei lavori dopo il 2011"
L´assessore traccia la funicolare per Capodimonte
"Il Forum è il progetto bandiera del piano strategico l´operazione centro storico un motore - Entro il mese l´accordo per la cabina di regia. "Ci sono opere già cantierabili, altre da progettare"
(GIOVEDÌ, 05 MARZO 2009 LA REPUBBLICA – Napoli)


La mappa delle opere è su una scrivania. I pallini blu indicano quelle che partiranno prima. Numero 36, Museo nazionale. Nicola Oddati, assessore alla Cultura con delega al piano strategico, posa il dito e traccia una linea immaginaria verso l´alto. «Da qui fino a Capodimonte: una funicolare. Bello, eh?».
Bagnoli e Napoli est sono ferme. Davvero nessun timore per questo nuovo progetto?
«Si temeva pure per il Forum delle Culture, e invece si farà. Il Forum è il progetto bandiera del piano strategico, l´operazione centro storico è un motore. Il recupero statico sarà anche recupero produttivo e sociale. L´asilo Filangieri diventerà sede del Forum. Il tema è la qualità della vita. Il tema è lo sviluppo».
Quali incentivi prevede?
«Contributi con dei bandi per l´insediamento a tema di aziende. Fondi sportello integrativi per chi non vi avrà avuto accesso».
Quando si comincia?
«Entro marzo si sottoscrive l´accordo per la cabina di regia. Esistono opere già cantierabili, altre da progettare».
La consegna?
«La metà dei lavori entro il 2011, quando questa giunta andrà via. L´altro 50 per cento toccherà a chi verrà dopo. Come il Forum 2013. I grandi progetti hanno tempi che vanno oltre chi li fa partire. È bene, perciò, che esista massima condivisione».
(an. car.)

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NAPOLI - Centro storico, scontro sul piano del Comune
Pane: "Solo proclami nati in salotto". Gravagnuolo: "Meglio di niente"
Dal Piaz "Un progetto non può ignorare il problema abitativo"
( di BIANCA DE FAZIO - VENERDÌ, 06 MARZO 2009 LA REPUBBLICA - Napoli)


I dubbi di chi il centro storico lo studia per mestiere. Le incertezze di chi teme l´ennesima bolla di sapone. Le critiche di chi guarda con scetticismo all´ultima operazione urbanistica del Comune che punta a spendere 220 milioni di euro di fondi europei nel centro storico di Napoli. All´indomani delle anticipazioni sugli interventi programmati nell´area protetta dall´Unesco, i pareri degli esperti vanno dal cauto ottimismo di Alessandro Dal Piaz alla decisa bocciatura di Giulio Pane, dall´invito al confronto lanciato da Benedetto Gravagnuolo alla chiamata alla concretezza di Daniela Lepore. Che commenta le notizie di ieri così: «Nulla di troppo nuovo salvo il fatto che ormai il termine strategico si spreca, benché di approcci e processi di quel tipo non si veda in giro neppure l´ombra».
E scappa una risata a Giulio Pane. «Il piano del Comune? Mi sembrano più proclami che altro. Manca un´organica sistemazione degli interventi. Non c´è nulla di ragionevole, tutto sembra dettato solo dalla necessità di spendere quei soldi entro un certo tempo. È grave, tra l´altro, che ci si avvii semplicemente a raccogliere i progetti disponibili (perché quelli e non altri?) senza prima avere definito un piano che li tenga coerentemente insieme». «Sono perplesso - aggiunge - quando si immaginano i futuri straordinari elencati in questi proclami. Un esempio? "Un susseguirsi di gallerie d´arte nei Quartieri spagnoli": ma ci sono i frequentatori delle gallerie? Le gallerie hanno un mercato? Ancora: vogliamo immaginare una folla di artigiani che occupano i bassi? Ma qual è il sostegno economico che accompagna quest´idea? Ebbene, non c´è. Questi proclami, dunque, sono solo brillanti idee nate in salotto, e messe in fila per costruire un finto progetto».
«Non solo per il centro storico, ma per l´intera città - incalza Dal Piaz - mi sembra importante che i progetti non restino isolati, ma che facciano sistema». Un piano per il centro storico, ad esempio, non può ignorare il problema abitativo. «Un problema fatto di abitazioni fatiscenti, di degrado nella qualità dell´abitare, di assenza di una politica della casa». Col rischio che si pensi solo al turismo. «Le proposte del Comune mi sembrano positive perché gli interventi sono articolati per tipologie ed hanno una certa distribuzione territoriale. C´è ora da augurarsi che si guardi alla questione collettiva della riqualificazione urbana». «Meglio qualcosa che niente», è il commento che scappa a Gravagnuolo. Che invita l´assessore Oddati a «trovare occasioni per confrontarsi: che fine ha fatto il dialogo?». E poi, «qual è l´equilibrio tra le risorse disponibili e le scelte?». Alcune «sono in linea con le attese, come la sostituzione dei bassi con locali commerciali. Ma serve una regia capace di gestire l´intera operazione, anche dal punto di vista economico».


Marianna Vitiello
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Posted - 08 marzo 2009 :  10:02:38  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
NAPOLI - Centro storico, Oddati rilancia "Aperti al confronto sul piano" - DOMENICA, 08 MARZO 2009 LA REPUBBLICA - NapoliL´assessore replica alle critiche degli architetti: "È illuminismo cinico"; Il piano non è partito, Oddati deve già difenderlo. «Ho avuto l´impressione che le critiche fossero dettate, più che da una lettura attenta, da illuminismo cinico».


Il piano è quello del Comune per il centro storico, 220 milioni per riqualificazione e sviluppo in aree tematiche. Le critiche sono quelle di Dal Piaz, Gravagnuolo, Lepore e Pane, nel dibattito aperto da Repubblica.

Oddati, lei dice illuminismo cinico. Sono pregiudizi?
«È comprensibile, forse, non del tutto accettabile. Il lavoro riscritto con l´architetto e assessore Pasquale Belfiore, è frutto di confronti assidui con Regione, Arcidiocesi, Direzione dei beni paesaggistici e culturali, con il benestare dell´Unesco».

Senza dialogo con la città?
«Istanze, critiche e proposte ci sono giunte: con quelle siamo intervenuti sul vecchio piano di Laudadio. Del resto, l´accento da me posto sulla necessità della condivisione mi pareva evidente: questo piano riveste importanza strategica».

Ecco la prima obiezione: strategico è termine abusato.
«Sarà abusato, ma in questo caso è del tutto appropriato. La strategia consiste nel riannodare una serie di interventi infrastrutturali, qualcuno anche realizzato con ingenti risorse pubbliche; ma senza logica di programmazione non hanno consegnato un reale segnale di miglioramento, né della qualità della vita né nella fruizione del patrimonio artistico».

Obiezione numero 2: le gallerie d´arte ai Quartieri.
«Non è una provocazione, ma un tentativo di qualificare tessuto sociale e vissuto quotidiano. Così come, a piazza Mercato, il complesso di Sant´Eligio diverrà Palazzo delle Letterature e sede dell´incontro mondiale delle letterature nell´ambito del Forum 2013».
Obiezione numero 3: manca sostegno agli insediamenti artigianali.
«Non è vero. Il programma di interventi infrastrutturali è una tela complessa. Sarà coniugato con aiuti alle imprese esistenti affinché migliorino il proprio status, e con la creazione di nuove imprese che puntino a riempire i vuoti, anche di legalità, che in questi anni hanno visto sfiorire centri commerciali naturali come piazza Mercato. Borgo Orefici dimostra come si crea un rilancio con una sinergia tra pubblico e privato».

Oddati, davvero è impossibile prevedere un momento di confronto aperto?
«Altro che. È già previsto. Non stiamo piazzando una scatola chiusa. Subito dopo l´approvazione del piano in cabina di regia, sentiremo associazioni sindacali, università, associazioni cittadine interessate, municipalità. Vogliamo arrivarci, responsabilmente, con una proposta chiara. È così che si fa confronto serio e fattivo. L´obiettivo è un modello di governance partecipativo efficace. Sono convinto che si possa fare anche a Napoli».

Edited by - Marianna Vitiello on 08 marzo 2009 10:03:58
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Marianna Vitiello
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Posted - 17 marzo 2009 :  12:42:54  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
Arte & Dintorni: Il dibattito sul Piano di Gestione del Centro Storico di Napoli - martedì 10 marzo 2009


Recentemente il Comune di Napoli ha presentato il Piano di Gestione dell’area Unesco. Titoli incisivi della stampa hanno così seguito il corso degli eventi: NAPOLI - Il piano del Comune per l´area Unesco (Repubblica, 5/03/2009); NAPOLI - Oddati chiede condivisione "Metà dei lavori dopo il 2011" (Repubblica, 5/03/2009); NAPOLI - Centro storico, scontro sul piano del Comune (Repubblica, 6/03/2009); NAPOLI - Centro storico, Oddati rilancia "Aperti al confronto sul piano" (Repubblica, 8/03/2009).
Il Grande Programma per il Centro Storico di Napoli, Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 1995, si basa sullo sviluppo di una serie di interventi sul tessuto storico della città partenopea che si snoda su una superficie di circa 700 ettari, costituitasi in un arco di duemila anni di storia.
Naturalmente la presenza molteplice di testimonianze storiche ed artistiche fanno si che sia necessario un notevole sviluppo di risorse e di energie, volte alla salvaguardia ed alla tutela al fine di ottenere una corretta affermazione dell’identità culturale. Purtroppo, nel corso di questi anni, a seguito dei mancati interventi di restauro e riqualificazione dal post-terremoto del 1980 ad oggi, la maggior parte di questo patrimonio -ed in modo particolare il patrimonio chiesastico- risulta non accessibile al pubblico ed in stato di degrado (Arte&Dintorni: La dis-gestione del patrimonio monumentale di Napoli).
Nonostante ciò il Centro Storico Patrimonio Unesco conserva ancora la su unicità grazie ai suoi monumenti simbolo, alle armonie stilistiche, alle affinità di spazi e di architetture, ai vicoli dove si ergono portali giganteschi, agli alti campanili ed alle guglie commemorative, ai prestigiosi palazzi, alle piazze, che conferiscono a Napoli un valore culturale universale.
Il Piano di Gestione, oggetto di dibattito in questi giorni, dovrebbe quindi essere un progetto sistematico nel quale si precisa l’organigramma degli interventi necessari per la tutela, la conservazione, la riqualificazione urbana della città. Va sottolineato che i fondi, che questo Piano dovrebbe gestire, rientrano nei finanziamenti strutturali europei 2007-2013, stanziati dall’Unione Europea per un importo di circa 220 milioni di euro, e rappresentano l’unica opportunità per il recupero ed il rilancio del patrimonio storico-artistico (Arte&Dintorni: La riqualificazione urbana del centro storico di Napoli riparte dall'UE).
Dunque appare chiaro che si tratta di un’occasione più unica che rara! Ed ecco il perché di tanta attenzione da parte dell’intellighenzia napoletana, delle associazioni sindacali, dell’università, delle associazioni cittadine e delle municipalità.
Proviamo a capire perché questo piano avrebbe deluso le aspettative.
Forse quello che ci si aspettava dal Piano era un progetto di gestione e di analisi dei vari contesti, aldilà dei meri dati statistici riportati, alcuni dei quali relativi al 2001.
In fase preliminare si aspettava un’analisi approfondita delle singole aree Unesco, magari con una classificazione e catalogazione di tutte le opere presenti che individuasse le vulnerabilità dei monumenti e del contesto nel quale si trovano. In seconda fase ci si aspettava l’elaborazione di un organigramma di interventi per aree collegate tra loro da valori intrinseci (su questo aspetto ci arriveremo dopo con più chiarezza).
Si legge dal Documento di Orientamento Strategico del Grande Programma per il Centro Storico Patrimonio Unesco che “la strategia si concentra su interventi ed azioni su tre assi di priorità che prevedono: implementazione di interventi infrastrutturali sul tessuto urbano e il sostegno di progetti volti a migliorare l’efficienza; l’innovazione delle attività imprenditoriali sostenendo la creazione e lo sviluppo di nuove forme di imprenditoria; la creazione di nuove imprese e il miglioramento dei sistemi di protezione sociale”. Tale strategia risulta basata solo su un quadro strategico globale del centro urbano, mentre manca di una fase di diagnosi preliminare della vulnerabilità dei Beni Culturali e del Sistema Culturale con conseguente indicazione delle specifiche esigenze delle singole aree Unesco.

Quello che traspare dal Piano è un’elencazione di interventi su singoli zone o monumenti, concettualmente anche interessanti (come ad esempio la riqualifica dell’area di Piazza Mercato), ma che rischiano di risultare insufficienti o di presentare un monumento restaurato, e quindi recuperato, ma estraneo all’ambiente circostante.
Per non correre questo pericolo il Piano doveva sottolineare il primato dell’architettura nell’ambito della progettualità delle varie aree Unesco, in quanto solo l’Architettura è garante di rinnovamento e capace di qualificare le zone dove l’uomo vive, attraverso la creazione di ambienti, di spazi ed attraverso l’integrazione degli edifici preesistenti con nuove strutture capaci di migliorare la vita, la socialità, la salute e la felicità dell’uomo.
Seguendo questo diktat si potranno evitare quei presunti interventi di riqualificazione urbana, più volte adottati in questi anni, che prevedano la messa in opera di elementi decontestualizzati di arredo urbano, quali ad esempio i paletti parapedonali, svincolati da qualsiasi criterio architettonico sia sotto il profilo funzionale che estetico (Arte&Dintorni: Le protesi … della strada: i paletti).
L’intervento di riqualificazione quindi non può operare in modo estraneo al tessuto urbano realizzando sporadiche operazioni sul luogo e sui monumenti (testimonianze uniche del passato, ma così facendo sepolte dal passato stesso). Non si può ad esempio concepire l’inserimento di una galleria d’arte in luoghi dove esiste un elevato rischio per la stabilità degli edifici, come dimostrato dal crollo di un palazzo solo pochi mesi orsono.
Questo limite del Grande Programma per il Centro Storico Patrimonio Unesco viene sottolineato nell’implementazione del Piano di Sviluppo Urbano, quando si mette in risalto che gli interventi programmati per il POR 2000-2006 nell’ambito del PIT sono interconnessi con gli obiettivi del Grande Programma per il Centro Storico. Non che sia sbagliato concepire un piano sinergico ed interconnesso con gli interventi previsti nell’ambito del PIT Grande Attrattore Culturale, ma di certo il Grande Programma non può limitarsi solo ad ampliare la lista di questi interventi senza elaborare un programma di riferimento ed integrazione di valorizzazione delle varie aree Unesco.
Il Grande Programma per il Centro Storico Patrimonio Unesco, quale mezzo di integrazione di tutti i progetti esistenti e dei progetti in via di sviluppo, non può ad esempio prescindere dall’arricchimento e dall’integrazione relativa alle grandi opere dei cantieri della Metropolitana.
Anche se qualcosa in questo senso è stato elaborato, come ad esempio l’idea di creare un “continuum pedonalizzato da Piazza Matteotti a Piazza del Plebiscito”, altre zone (anche limitrofe) sono state trascurate.
E’ il caso della Chiesa di Santa Maria di Portosalvo, portatrice di valori artistici, simbolici e religiosi, frutto della connessione secolare tra l’edificio di culto ed il porto. La chiesa, ridotta oggi a spartitraffico tra via De Gasperi e via Marina, è stata esclusa da qualsiasi piano di riqualificazione urbana dell’area monumentale tra città e porto, nell’ambito del piano di gestione, nell’ambito dei progetti che prevedono la riorganizzazione dello scalo marittimo, nell’ambito della sistemazione del contesto monumentale e portuale, con l’allestimento di nuovi spazi urbani, scaturito dalla creazione della Stazione Metropolitana di Municipio. Un altro esempio ci permette di chiarire quanto accennato sopra. La metodologia da seguire per qualsiasi area Unesco è la presa di coscienza che il centro storico è un Sistema Culturale ampio, alla stregua di un sito archeologico e come tale deve essere consegnato al pubblico secondo un criterio preciso, che da un lato sottopone il Bene Culturale al passaggio obbligatorio di atti conservativi, mentre dall’altro rende indispensabile l’acquisizione dei dati relativi alla storia del Bene e del suo complesso, ai servizi ed alle infrastrutture ad esso collegate.
Gli interventi sul patrimonio dovranno organizzare l’operato, tenendo presente l’unità del complesso e suddividendolo in Settori e Sistemi. Per Settore si intende un’area monumentale nella quale possono essere presenti una o più unità monumentali riconducibili ad un unico complesso o in origine ad un unico microsistema.
Due esempi su tutti: il “Microsistema dell’antico borgo di Tarsia” nel quartiere Avvocata costituito da numerosi complessi monumentali, oggi in degrado, quali la chiesa di San Giuseppe delle Scalze a Pontecorvo, la Chiesa del Gesù e Maria, il complesso monastico di San Francesco delle Cappuccinelle e soprattutto Il Palazzo del Principe Ferdinando Vincenzo Spinelli a Tarsia, il cui cortile oggi è sede di un parcheggio non autorizzato, che tra il 600 ed il 700 costituivano un’unità indipendente della vita cittadina fuori dalle mura della città; il “Microsistema Duomo” costituito, oltre che dalla Cattedrale, dalla Chiesa di Girolamini, , il Museo Filangieri, il Lazzaretto, il Convento di San Giuseppe dei Ruffi, le Chiese di Santa Maria di Donnaregina Vecchia e Donnaregina Nuova, il Museo Madre, la Chiesa di San Giorgio Maggiore e Pio Monte della Misericordia, che costituisco un’unità culturale introvabile in ambito europeo.
Per Sistema invece si intendono itinerari, strutture, percorsi didattici, interventi unificati che riguardano tutto il complesso o comunque più settori. Una volta individuato il Settore e le Singole Unità Monumentali che lo compongono si potrà procedere all’analisi dei diversi edifici e delle differenti strutture. In conclusione un altro punto preoccupa chi ha a cuore il patrimonio artistico di Napoli: cosa accadrà quando questi fondi finiranno? Si correrà di nuovo il rischio che il patrimonio monumentale declini in una condizione di degrado ed abbandono? A tal proposito sarebbe stato opportuno destinare una serie di fondi allo costituzione di un Piano di Manutenzione Programmata del Centro Storico, con interventi periodici da svolgersi nell’arco cronologico di più anni, che prevedesse una strategia di manutenzione ordinaria ed integrata dei Beni di Napoli, concepito sulla base delle informazioni sul valore, sulle indagini materiche e soprattutto sulla vulnerabilità dell’oggetto. Gli interrogativi quindi restano, ma c’è da sottolineare che -a differenza del passato- le parti coinvolte nel dibattito sono disposte ad un serio e proficuo scambio d’idee. E’ ormai chiaro che è in gioco il destino di Napoli, che si prepara a giocare la partita più importante per la sua rinascita.

(fonte http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=7579&Itemid=40
Patrimonio SOS http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=54028)
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Marianna Vitiello
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Posted - 15 aprile 2009 :  14:18:25  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
Centro storico tesoro abbandonato occorre subito un piano di gestione

SUBITO un «piano di gestione per il centro storico» prima che sia troppo tardi. È l' appello che lancia Gianni Lettieri, presidente degli industriali napoletani, tornando alla carica su Palazzo San Giacomo. Presidente, il nuovo piano regolatore, approvato ormai da alcuni anni, si sta rivelando sempre più una camicia di forza? «Il piano regolatore non deve essere una camicia di forza. Va adattato, piuttosto, alle mutate esigenze del territorio. Tre anni fa organizzai un confronto tra la nostra amministrazione e due sindaci del Nord, Chiamparino di Torino e Zanotto di Verona. Definimmo il dibattito con il significativo titolo "Napoli da anatra ad aquila". Sono passati tre anni e siamo sempre più anatra con un centro storico che resta un giacimento abbandonato. Chiamparino ha ricordato che a Torino di varianti ne ha fatte 200, ma ha detto anche che gli imprenditori napoletani lo guardarono in cagnesco quando allora riferì che era giunto a quota 160. Si sbaglia, era uno sguardo di ammirazione». Negli anni scorsi l' Unesco ha approvato una direttiva in cui è fissato nel "piano di gestione" lo strumento per garantire la tutela dei centri storici. Perché Napoli è sempre ferma a polemiche di basso profilo? «Il nostro centro storico è il più grande patrimonio dell' umanità per estensione e tesori che custodisce con pochissimi paragoni al mondo. Bisogna farne al più presto un grande volano di sviluppo tra dimensione conservativa e necessità di fruibilità, vivibilità e valorizzazione». A quale piano di gestione lei sta pensando? «Un piano di gestione sul modello di quelli adottati da altre città italiane ed europee. Il Comune dovrebbe convocare subito un tavolo con gli attori coinvolti sul tema da cui far emergere un' analisi dettagliata del sito, delle potenzialità, dei progetti e delle strategie da attivare per rivitalizzarlo stabilendo un cronoprogramma e criteri obiettivi per valutarne realizzazione e stati di avanzamento». Una sorta di piano industriale? «Un progetto, uno strumento, quello che per un' azienda è un piano industriale con tutte le linee di sviluppo». Coinvolgendo quali soggetti? «Occorre mettere assieme soprintendenze, gestioni museali, enti di promozione, Curia, università, forze associative e culturali. Quella parte di città che oggi rimane inascoltata. Rispondendo così anche alle sollecitazioni dell' Unesco. Quel marchio che dovrebbe essere utilizzato anche per entrare in un circuito internazionale». E invece qui il dibattito è solo su beghe di basso profilo. «Solo piccole polemiche di bassissimo profilo. Questo anche perché c' è un caos di deleghe e funzioni». Un caos che blocca anche i fondi della Regione? «Napoli in proporzione utilizza meno risorse regionali rispetto ad altre città della Campania. Risorse che servirebbero per lo sviluppo del territorio. Ciò accade perché non si riesce a programmare. Chi ha visitato città come Barcellona, Madrido Lisbona sa bene cosa significa utilizzare bene i fondi per i propri centri storici. Noi abbiamo un patrimonio ben superiore ma non riusciamo a metterlo a sistema». Tocca al Comune dare il via? «Il Comune dovrebbe rendersi conto del patrimonio culturale inestimabile che abbiamo sul nostro territorio. Se non si fa in fretta, però, si commette un delitto politico e amministrativo».

(fonte Repubblica — 03 aprile 2009 pagina 11 sezione: NAPOLI - di OTTAVIO LUCARELLI)

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Marcello Mottola
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Posted - 30 aprile 2009 :  21:20:14  Show Profile  Visit Marcello Mottola's Homepage  Send Marcello Mottola an AOL message  Click to see Marcello Mottola's MSN Messenger address

Il centro storico di Napoli è patrimonio mondiale dell’Unesco. A vederlo oggi si stenta a crederlo. Per fortuna i turisti, che saranno pure diminuiti, si fidano ancora, vengono e spesso tornano. In questa vigilia del «Maggio dei Monumenti» è stato anche definito il piano di intervento di riqualificazione del Comune che utilizzerà i 239 milioni di euro (dei quali 210 sono fondi europei affidati alla Regione) stanziati per il recupero di edifici sacri e profani da troppo tempo colpevolmente trascurati. L’obiettivo è arrivare con un vestito nuovo al Forum delle Culture del 2013. Dopo una serie di incontri istituzionali e di cabine di regia tra Regione, Sovrintendenze, Curia, Università, associazioni, ordini professionali e, naturalmente, Comune, s’è venuti a capo dei punti nodali del recupero. I tempi per partire, se si seguirà l’iter burocratico, scivolerebbero al luglio del 2010. «Ma contiamo di anticipare tutto entro l’autunno di quest’anno» si augura l’assessore alla Cultura, Nicola Oddati, che sta seguendo il percorso da vicino. «E alcuni progetti saranno cantieriati prima ancora dell’autunno». Per gli «interventi sul tessuto edificato» sono a disposizione 145 milioni (riguarderanno, tra l’altro, l’ex asilo Filangieri che diventerà sede del Forum, il complesso della Trinità delle Monache, lo Studentato internazionale). Per la «riqualificazione ambientale» ci saranno 36 milioni (piazza Mercato e area del vecchio policlinico). Undici milioni serviranno per le aree mercatali di Porta Nolana e del Borgo Sant’Antonio. I restanti 47 andranno utilizzati per interventi di carattere infrastrutturali (la funivia che collegherà il museo Nazionale a quello di Capodimonte, gli impianti di illuminazione e nuovi sistemi di raccolta rifiuti). Le scelte riguarderanno, comunque, quasi tutta l’area tutelata dall’Unesco. Territorio vastissimo, senza uguali al mondo. Innanzitutto piazza Mercato che da anni è abbandonata a se stessa, tra vandalismi e abusi. Si punterà sulla chiesa di Sant’Eligio che diventerà sia Palazzo della Letteratura (e sarà affidato al Premio Napoli) sia Casa del centro storico con l’esposizione consultabile dei progetti e del loro stato di avanzamento. La mappa è ampia. Il tempio della Scorziata sarà la cittadella delle donne, nome evocativamente felliniano. Anche l’area di Portosalvo, con la preziosa chiesa cinquecentesca ridotta a poco più di rudere spartitraffico, è previsto un consistente intervento. Nella zona di San Gregorio Armeno si progetta di mettere su un museo virtuale dedicato all’illustre genius loci, Giambattista Vico, che qui abitò, crebbe e studiò. E poi la zona degli Incurabili: proprio a Caponapoli c’è anche la grande incognita del futuro del vecchio policlinico, con i suoi palazzoni ottocenteschi. L’ambizioso piano regolatore prevede che nasca da queste parti il parco archeologico dell’acropoli, capitolo importante del libro dei sogni dell’urbanistica napoletana. Sebbene i fondi, importanti per cominciare, siano pochi a petto delle tracce di una storia millenaria non saranno trascurati i bassi, croce e delizia dell’oleografica più pervicace. Ma tant’è. Sottolinea Oddati: «Dobbiamo fare i conti con un’area che, nonostante ricada nel cuore pulsante della città, presenta tutte le connotazioni tipiche delle periferie delle grandi metropoli: degrado urbano, sociale, economico». L’eterno ventre di Napoli, laddove non è bastato il risanamento.

(Fonte IL Mattino 30/04/2009 di PIETRO TRECCAGNOLI)
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Marianna Vitiello
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154 Posts

Posted - 08 maggio 2009 :  15:58:51  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
30/04/2009 - Il Mattino – Articolo di PIETRO TRECCAGNOLI

Il centro storico di Napoli è patrimonio mondiale dell’Unesco. A vederlo oggi si stenta a crederlo. Per fortuna i turisti, che saranno pure diminuiti, si fidano ancora, vengono e spesso tornano. In questa vigilia del «Maggio dei Monumenti» è stato anche definito il piano di intervento di riqualificazione del Comune che utilizzerà i 239 milioni di euro (dei quali 210 sono fondi europei affidati alla Regione) stanziati per il recupero di edifici sacri e profani da troppo tempo colpevolmente trascurati. L’obiettivo è arrivare con un vestito nuovo al Forum delle Culture del 2013. Dopo una serie di incontri istituzionali e di cabine di regia tra Regione, Sovrintendenze, Curia, Università, associazioni, ordini professionali e, naturalmente, Comune, s’è venuti a capo dei punti nodali del recupero. I tempi per partire, se si seguirà l’iter burocratico, scivolerebbero al luglio del 2010. «Ma contiamo di anticipare tutto entro l’autunno di quest’anno» si augura l’assessore alla Cultura, Nicola Oddati, che sta seguendo il percorso da vicino. «E alcuni progetti saranno cantieriati prima ancora dell’autunno». Per gli «interventi sul tessuto edificato» sono a disposizione 145 milioni (riguarderanno, tra l’altro, l’ex asilo Filangieri che diventerà sede del Forum, il complesso della Trinità delle Monache, lo Studentato internazionale). Per la «riqualificazione ambientale» ci saranno 36 milioni (piazza Mercato e area del vecchio policlinico). Undici milioni serviranno per le aree mercatali di Porta Nolana e del Borgo Sant’Antonio. I restanti 47 andranno utilizzati per interventi di carattere infrastrutturali (la funivia che collegherà il museo Nazionale a quello di Capodimonte, gli impianti di illuminazione e nuovi sistemi di raccolta rifiuti). Le scelte riguarderanno, comunque, quasi tutta l’area tutelata dall’Unesco. Territorio vastissimo, senza uguali al mondo. Innanzitutto piazza Mercato che da anni è abbandonata a se stessa, tra vandalismi e abusi. Si punterà sulla chiesa di Sant’Eligio che diventerà sia Palazzo della Letteratura (e sarà affidato al Premio Napoli) sia Casa del centro storico con l’esposizione consultabile dei progetti e del loro stato di avanzamento. La mappa è ampia. Il tempio della Scorziata sarà la cittadella delle donne, nome evocativamente felliniano. Anche l’area di Portosalvo, con la preziosa chiesa cinquecentesca ridotta a poco più di rudere spartitraffico, è previsto un consistente intervento. Nella zona di San Gregorio Armeno si progetta di mettere su un museo virtuale dedicato all’illustre genius loci, Giambattista Vico, che qui abitò, crebbe e studiò. E poi la zona degli Incurabili: proprio a Caponapoli c’è anche la grande incognita del futuro del vecchio policlinico, con i suoi palazzoni ottocenteschi. L’ambizioso piano regolatore prevede che nasca da queste parti il parco archeologico dell’acropoli, capitolo importante del libro dei sogni dell’urbanistica napoletana. Sebbene i fondi, importanti per cominciare, siano pochi a petto delle tracce di una storia millenaria non saranno trascurati i bassi, croce e delizia dell’oleografica più pervicace. Ma tant’è. Sottolinea Oddati: «Dobbiamo fare i conti con un’area che, nonostante ricada nel cuore pulsante della città, presenta tutte le connotazioni tipiche delle periferie delle grandi metropoli: degrado urbano, sociale, economico». L’eterno ventre di Napoli, laddove non è bastato il risanamento

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Marianna Vitiello
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Posted - 08 maggio 2009 :  16:00:03  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
Il futuro di Napoli appeso al giudizio dell’UNESCO
Il Comune non redige il “Piano di gestione”, la città rischia grosso.
di Angelo Forgione

La tragedia in Abruzzo mostra sempre più profonde le ferite inferte alla popolazione e al tessuto urbano costituito anche da un patrimonio artistico e monumentale di un certo rilievo.

Mentre le chiese vanno giù sotto i colpi del sisma, già si pensa già a come ricostruire per ridare all’aquilano la sua identità. Un discorso che Napoli avverte particolarmente, in una città che ha un centro storico sicuramente più importante e che sta perdendo pezzi per mano umana.

L’allarme sul centro storico di Napoli è stato lanciato da tempo. Ci hanno pensato gli ispettori dell’Unesco, recatisi in città a Dicembre 2008 per constatare lo stato di degrado e abbandono in cui versano i nostri monumenti. Il rischio di essere estromessi dalla lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità è alto. E questo comporterebbe la perdita di prestigio e cospicue somme di danaro.

Le Bureau du Patrimoine Mondial de l'UNESCO" i! nserì il centro storico di Napoli nella lista dei Patrimoni Mo! ndiali d ell'Umanità nel 1995. Per dare l’esatta dimensione dell’importanza di tale riconoscimento basti ricordare che, al momento, nella lista dell’UNESCO Napoli affianca Siena, Venezia, Firenze e Roma.

Cosa serve dunque per scongiurare questo rischio? A Palazzo San Giacomo lo sanno benissimo ma tardano a provvedere. Napoli non perderebbe la certificazione dell’Unesco a patto che si doti del cosiddetto “Piano di gestione”, ovvero quel piano sistematico obbligatorio nel quale si stabiliscono gli interventi necessari da attuare per la tutela, la conservazione e la riqualificazione urbana della città.

Nel 2002, il Comitato del Patrimonio Mondiale invitò tutti i partner a sostenere la salvaguardia del Patrimonio Mondiale attraverso l’impegno di ognuno di essi alla tutela, la conservazione, la sostenibilità e lo sviluppo, in modo che i beni del Patrimonio Mondiale contribuissero allo sviluppo socio-economico e alla qualità della vita delle nostre comunità.

La città d! i Napoli, il cui inserimento nella Lista risale al 1995, è stata quindi interessata nel 2006 dalla legge n.77 con cui vennero introdotti i “Piani di gestione” per i siti italiani già iscritti nella Lista, al fine di assicurarne la conservazione e la protezione, e creare le condizioni per la loro valorizzazione e trasmissione alle future generazioni.

Dal 2006, dunque, l’Unesco chiede a Napoli il suo “Piano di gestione” che non arriva. Ora, dopo aver inviato i suoi ispettori a verificare il degrado e l’incuria in cui versa il nostro centro storico, ci mette in mora e ci ammonisce di provvedere. Tutti gli elementi raccolti nell’ispezione di Dicembre 2008 saranno discussi in un dibattito che si terrà a Giugno a Siviglia, durante la riunione del Comitato degli Stati Membri della Convenzione del Patrimonio.#8232;In tale sede si potrebbe decidere, in termini tutti negativi, il futuro del patrimonio monumentale di Napoli, con l’applicazione di pesanti provvedimenti: primo f! ra tutti la revoca dei fondi che periodicamente vengono conces! si per i l risanamento del patrimonio artistico. Una sanzione che potrebbe fare da preludio alla cancellazione di Napoli dalla Lista. Eppure basterebbe dotarsi del “Piano di gestione”, il segreto per scongiurare il peggio è tutto qui.

Ma perché Napoli, come al solito, tarda a presentare questo imprescindibile documento? Il Comune tarda a mettersi “in regola” perché si perde in lungaggini burocratiche ma soprattutto perché non si è reso conto delle reali potenzialità turistiche della città e non ha stabilito quindi la tutela del Patrimonio come priorità assoluta. Tutto questo si è tradotto in un degrado e una fatiscenza di tutti i siti di interesse artistico, storico e monumentale della città, Le principali strade e piazze, i tanti monumenti e troppi palazzi storici sono continuamente aggrediti dall’incuria e dall’ignoranza degli stessi cittadini non educati culturalmente al beneficio e al godimento delle proprie “bellezze”.

Di questo ne fa le spese anche la stessa provi! ncia ed è emblematico il caso della candidatura dei Campi Flegrei presentata all’UNESCO nella primavera del 2008. Una candidatura che non è stata bocciata bensì non esaminata. Un Ambasciatore dell’UNESCO visitò lo scorso anno gli splendidi Campi Flegrei, in piena emergenza rifiuti, e suggerì di ritirare la candidatura per ripresentarla in tempi migliori. Non fu soltanto un problema di rifiuti perché influirono molto anche le pessime condizioni del centro storico di Napoli; l’Ambasciatore in sostanza disse: «il vostro centro storico per il momento non lo tocchiamo, però, in queste condizioni, non presentate altre candidature».

Napoli ha il dovere morale di stare al passo con le altre città che si affacciano nel mediterraneo; città che, oltre ad essere molto più avanti, viaggiano spedite mentre Napoli è ferma. Urge sbloccare i progetti di riqualificazione e cancellare le aree degradate; è indispensabile rimodellare il “Piano Regolatore Generale” alle reali esigenze del! territorio. Infine, bisogna una volta e per sempre sbloccare ! la ricon versione di Bagnoli e di tutta l’area di Napoli est.
Il centro storico di Napoli è uno dei più grandi per estensione in Europa ed è quello che ha la maggiore concentrazione e quantità di beni artistici e monumentali. Confrontata per esempio a Barcellona e Madrid, Napoli vince nettamente per concentrazione di tesori d’arte, ma gli spagnoli sono riusciti a mettere a sistema i loro centri storici, li hanno rivalutati e resi volani di sviluppo con la conseguenza sistematica dei tanti turisti che accorrono da tutto il mondo. Napoli, invece, sta a guardare pur con un più prezioso centro storico (in stato di degrado e abbandono).

I nostri amministratori hanno l’obbligo morale di fare presto per non compromettere irrimediabilmente il prestigio della città. L’UNESCO attende risposte e pretende il “Piano di gestione”. È ormai chiaro che è in gioco il destino di Napoli, ora più che mai di fronte ad un bivio al quale non si doveva neanche arrivare.

Nota a margine:
Di seguito la motivazione con la quale, nel 1995, Le Bureau du Patrimoine Mondial de l'UNESCO" si esprimeva all’unanimità per l’inserimento del centro storico della città di Napoli nella Lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità.
"Si tratta di una delle più antiche città d'Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua storia ricca di avvenimenti. I tracciati delle sue strade, la ricchezza dei suoi edifici storici caratterizzanti epoche diverse conferiscono al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell'Europa e al di là dei confini di questa".




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Marianna Vitiello
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Posted - 08 maggio 2009 :  16:01:37  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
Scandalo internazionale! - giovedì 7 maggio 2009

Il Comitato di Portosalvo critica il DOS emanato dal Comune di Napoli per recupero dei Decumani e accusa la “cabina di regia” di non aver fatto rispettare le norme internazionali per l’emanazione obbligatoria del Piano per la tutela e la conservazione del Patrimonio Culturale napoletano.

Il Comitato di Portosalvo denuncia: “Napoli, unica città targata UNESCO, dove le risorse europee per il recupero dei centri storici si spendono senza il Piano di Gestione…” Pariante : così l’UNESCO perde la faccia!

Il Comitato Civico di Santa Maria di Portosalvo, già protagonista di mille battaglie per la difesa dei monumenti della città nonché della recente visita ispettiva da parte dell’UNESCO a Napoli, si dichiara, senza mezzi termini, contro il nuovo Documento di Orientamento Strategico che, l’assessore comunale alla Cultura, Nicola Oddati, ha appena annunciato ufficialmente, come la panacea per tutti i disastri che caratterizzano la condizione del Centro Storico di Napoli, riconosciuto Patrimonio Mondiale dell’Umanità da ben 14 anni. Per il Comitato di Portosalvo questo documento non può infatti assolutamente intendersi utile alla vera esigenza del centro storico della città targato UNESCO dal 1995 che invece consiste, fondamentalmente e prioritariamente, nel recupero e nella conservazione dell’immenso tesoro artistico e storico presente sul suo territorio e non nella elencazione di semplici progetti per i giovani e per i turisti. Per questo motivo, secondo il Comitato, centinaia di chiese, piene di tesori dell’arte, continueranno penosamente a rimanere abbandonate e degradate in tutto il centro storico. Decine di fontane, di grande pregio storico artistico, resteranno ancora sepolte sotto la spazzatura e migliaia di monumenti rimarranno selvaggiamente sfregiati e vandalizzati in tutta la città. Il Presidente del Comitato Civico di S. Maria di Portosalvo, Antonio Pariante, giudica quindi “molto imbarazzante….” l’operato della cosidetta “cabina di regia” che ha avallato l’emanazione del DOS al posto del Piano di Gestione perché potrebbe alimentare un possibile scandalo internazionale per la destinazione sbagliata dei fondi europei e far rischiare seriamente la faccia e il ruolo dell’ UNESCO sul “Caso Napoli”


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Posted - 19 giugno 2009 :  15:19:26  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage

Napoli fuori dal club Unesco?

E’ la nemesi. L’amministrazione Iervolino, erede di quel governo locale che tanto aveva investito politicamente nel “Rinascimento napoletano” e nella pianificazione urbanistica, viene criticata aspramente per l’incapacità di rilanciare e riqualificare adeguatamente il centro storico di Napoli. Il casus belli è la visita degli ispettori Unesco, lo scorso mese di dicembre, e il paventato pericolo che la città perda la prestigiosa iscrizione nella World Heritage List – o, meglio, lo status della città di Napoli degradi a Patrimonio mondiale in pericolo -. Comunque andrà, la visita straordinaria degli ispettori è cosa più unica che rara, e già da sé basta a restituirci le dimensioni del problema. Per l’esito dello screening bisognerà aspettare la conferenza Unesco di giugno 2009 a Siviglia. Per ora, l’opposizione politica e civile all’attuale amministrazione Iervolino ha un motivo in più per lamentare il cattivo lavoro della giunta.
Fra Zone franche, Progetti integrati e Documenti di orientamento strategico, è un fatto che il centro versi in pessime condizioni. Allo stato attuale, non è chiaro se Napoli perderà i soldi destinati alle città Unesco per non aver redatto il Piano di gestione (che deve essere approvato per tutti i beni iscritti nella World Heritage List). L’assessore Oddati ha recentemente sostenuto (fonte: il Denaro, 17-01-09) che grazie al Documento di Orientamento Strategico, la cui stesura era già stata avviata con l’ex assessore all’Edilizia Laudadio, sarà possibile spendere i 220 milioni di euro previsti dall’articolo 151 del trattato dell’Unione Europea, da utilizzare interamente per l’area del centro storico. Ma se i finanziamenti sono salvi, non si capisce perché la procedura del Piano di gestione sia al punto di partenza. Le critiche maggiori da parte delle associazioni espressione del centro storico, soprattutto del Comitato civico Santa Maria di Portosalvo e del suo combattivo presidente Antonio Pariante, si sono concentrate in particolar modo sulla mancata approvazione di questo documento; massima dimostrazione dell’incapacità dell’amministrazione in carica di tutelare fattivamente il centro antico. A questo genere di rilievi, l’amministrazione risponde in modo vago, dimostrando che le associazioni hanno colto nel segno. La mancata approvazione del Piano di gestione peserebbe tutta sulle spalle dell’attuale giunta. La sensazione è, inoltre, che, ancora una volta, l’opinione pubblica creda che la politica cittadina possa trarre giovamento da policy progettate da un superiore livello di governance. Come se un tutore serio possa accreditare amministrazioni inaffidabili. Se gli enti locali non riescono a tappare le buche, forse un fondo europeo avrà qualche dote taumaturgica. Ma, in realtà, è proprio questa aspettativa sui progetti europei/internazionali ad essersi, dimostrata, nel complesso, errata. Se la pubblica amministrazione è poco efficiente, il risultato finale sarà sempre il medesimo, poco importa si tratti di politiche su fondi europei o nazionali.
La situazione del centro storico napoletano, fra l’altro, sembra avvolta da una perniciosa nuvola di ambiguità e confusione. Da un lato, c’è la riflessione sulle politiche e sugli strumenti d’intervento (Piano regolatore, Piano di gestione, Documento di Orientamento Strategico), dall’altro insiste la polemica circa gli attori realmente coinvolti dal procedimento (Comune, Regione, Ministero dei Beni Culturali, Curia, ruolo delle associazioni). La Iervolino, d’altronde, ha sempre ritenuto che uno dei problemi del centro antico era anche la frantumazione proprietaria dei beni oggetto di tutela.
E non si può neanche dimenticare che esistono gruppi di pressione che hanno sempre sostenuto che il recupero del centro storico (da perimetrarsi in modo restrittivo rispetto a quanto stabilito dall’Unesco) doveva accompagnarsi a sventramenti e nuovi “risanamenti”. Umberto Siola dichiarava lo scorso 13 luglio al Mattino, che era necessario prevedere un «grande programma di interventi [con] abbattimenti […] [nelle] parti meno nobili del tessuto urbano».
Ma se ci sono tanti problemi, quali sono le dinamiche e le responsabilità?
Secondo i politologi Pressman e Wildavsky, l’ambiguità delle politiche è indotta scientemente dai vari livelli di livelli di governo al fine di rendere impossibile l’imputazione della responsabilità allorquando un progetto politico fallisce. Nel nostro caso, in realtà, l’ambiguità sembra essere sistemica e travolge tutti i protagonisti, al di là della loro volontà di celare fallimenti di governo.
Limitiamoci, per il momento, al caso Unesco. La mancata approvazione del Piano di gestione (Pdg) è assolutamente una cosa biasimevole. Il Pdg sembra essere quello strumento che consente un salto qualitativo nel management del bene culturale oggetto della tutela internazionale. Ma, in Italia, fra 43 beni “Patrimonio mondiale dell’Umanità”, solo 11 hanno un Pdg. I mali di Napoli, quindi, non possono essere esclusivamente legati all’assenza di tale piano. E’ un problema di pianificazione, allora. Inoltre, il Parlamento è intervenuto con la legge n. 77 “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella ‘lista del Patrimonio mondiale’, posti sotto la tutela dell’Unesco”, solo nel 2006. E questa legge non prevede né poteri sostitutivi né sanzionatori per le amministrazioni inadempienti circa l’attuazione del Pdg. Una legge “leggera”, quindi: e che rimanda alle Linee guida del Ministero per i Beni Culturali (MiBAC) l’individuazione dell’amministrazione competente e promotrice del Pdg. Che può essere l’Ente locale: ma anche lo stesso MiBAC. Ed è solo nel Periodic Reporting dell’Unesco del 2006 che si stabilisce che il soggetto responsabile del Pdg è il Comune di Napoli, senza che questo comporti l’inibizione del potere d’impulso del MiBAC; anche solo, cioè, di convocare le altre amministrazioni per sottoscrivere un Protocollo d’intesa. Se è “fisiologico” che il primo ente che si sarebbe dovuto occupare del Pdg era il Comune, è anche vero che hanno latitato le altre amministrazioni.
Esistono, quindi, differenti responsabilità. L’amministrazione centrale, confusa dalla devolution, sembra incapace di definire il suo ambito di intervento da quello degli Enti locali, ed integrare l’operato delle varie Sovraintendenze; ciò dimostra, in pratica, le reali difficoltà legate alla riforma del titolo V della Costituzione, con riferimento alla legislazione concorrente sulla materia dei beni culturali. Il nuovo modello di gestione del patrimonio culturale emerso con la finanziaria 2002, con la moltiplicazione di associazioni, fondazioni e partecipate a cui affidare la gestione dei beni artistici, sembra innescare meccanismi centrifughi, piuttosto che favorire una reductio ad unum.
Per Regione e Comune, d’altronde, il Pdg viene dopo (e deve integrarsi con) gli altri strumenti di pianificazione, sì ché calare dall’alto un Pdg è assolutamente impossibile. Paralizzati dall’ambiguità decisionale – e anche dalla frantumazione degli interessi che vede contrapposti chi sogna un nuovo Regno del Possibile e le associazioni espressione del centro antico – la scelta delle varie pubbliche amministrazioni è stata, fin qui, una non-scelta. Sono d’accordo con quanto scriveva, il 9 dicembre 2008, sulla Repubblica, Pasquale Belfiore, allora presidente di In Arch Campania ed, oggi, nuovo assessore all’Edilizia della giunta Iervolino: «I peccati più gravi sono quelli di omissione. Il centro storico non è mai rientrato nelle priorità strategiche della politica urbanistica. Lo sono invece Bagnoli, la zona orientale, il tema della mobilità. Non essendo una priorità, non sono stati fatti: il Piano di gestione del centro storico Unesco, con relativa perdita dei contributi previsti dalla legge 77/2006; la progettazione esecutiva degli ambiti previsti nel Piano regolatore, con relativa perdita della possibilità di attivare su di essi interventi di riqualificazione urbana; il Piano del traffico, con relativo aggravamento dell’impatto automobilistico su abitanti e monumenti; un programma per il controllo dell’abusivismo edilizio, più che mai attivo; un monitoraggio sulla qualità dell’arredo urbano, di evidente modestia tecnologica e esecutiva». Ma le omissioni hanno riguardato tutte le amministrazioni. Il sistema non ha favorito comportamenti virtuosi. Ora, con il Documento di orientamento strategico, il Comune potrebbe dare una svolta: ma l’attuale debolezza politica di Comune e Regione non sembra favorire la ricomposizione degli interessi degli stakeholder; fra i quali c’è chi non hai mai smesso di credere in progetti come Neonapoli, sicuramente poco conciliabili con l’esigenza di salvaguardia del patrimonio connessa alla natura della tutela Unesco.


(fonte - Thinkthanks blog - di Alessio Postiglione)
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Marianna Vitiello
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Posted - 22 giugno 2009 :  21:46:22  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
IL DIBATTITO
Centro storico gli errori da evitare

Il programma di interventi per il centro storico di Napoli presentato dal Comune suggerisce alcune prime osservazioni, che peraltro vogliono muoversi nella direzione di quella discussione che si vuole attivare fra le varie forze in campo. D’altra parte l’importanza dell’occasione non può che far pensare a una complessa fase di rilettura del documento e, laddove necessario, di significative controproposte. Un primo punto riguarda il modo che abbiamo in Campania di impegnare le risorse europee: perché non bisogna dimenticare che questo programma di interventi si fonda su fondi Ue messe a disposizione dalla Regione. È ben noto che la discussione su come si spendono in Campania questi finanziamenti è una discussione ricorrente che sostanzialmente lamenta la incapacità di trasformare, come dovrebbe, le risorse europee disponibili in fattori di incentivazione di altri interventi, soprattutto per quanto attiene alle risorse private. Questo, di fatto, significa ridursi a produrre elenchi talvolta confusi di interventi senza che questi abbiano la capacità di configurarsi come parti di un piano, di un intervento integrato che ne possa incrementare il valore e il significato, come invece dovrebbe. Il caso di questa prima stesura di una proposta per il centro storico sembra ripetere stancamente questa modalità. Al di là dell’apparato del documento, è evidente che si intravede una modalità di procedura che finisce con il tradursi in un elenco di interventi che non hanno nessuna capacità né di configurarsi come una indicazione organica di piano né, ma ne è una conseguenza, hanno la capacità di attrarre energie e risorse private. Ne è una riprova il fatto che, nel definire un programma così ricco di opportunità, non si fa alcun cenno alle responsabilità e alle competenze urbanistiche del Comune.
Così rinchiudendo sempre più il programma in un elenco di opere e privandolo della possibilità di accrescere le potenzialità di intervento in termini di soggetti e di risorse. Questa dimensione urbana del problema è tutta da recuperare con un’analisi attenta che certamente in molti faremo. Vanno a mio parere anche riprese alcune proposte precise che sono state fatte nel corso di questi mesi (si pensi in particolare a quanto fu detto dal sottosegretario Scotti, dal governatore Bassolino e dal sovrintendente Gizzi in occasione del convegno alla Stazione marittima) e di cui non sembra che ci sia traccia nei documenti presentati. Ma riprendere questo ragionamento sulla dimensione urbana significa anche riportare l’attenzione su alcuni riferimenti generali che il programma assume e che per molti aspetti appaiono sorprendenti. La questione di sbandierare che non ci saranno demolizioni non appare supportata da alcuna posizione teorica emersa in questi anni e contraddice quanto fatto in altre città ed in altri contesti. E questo chiama in causa il ruolo dell’Unesco nella redazione di questo programma, soprattutto per quanto attiene alla opportunità di legare quanto si propone a Napoli con quanto più in generale l’Unesco propone come linee di una politica per i centri storici. Su questi punti a su tanti altri si deve avviare una discussione ampia che investa tutta la città e che contempli anche la opportunità di rileggere quanto è stato prodotto negli scorsi decenni sul centro storico. Sarà certamente una discussione difficile, non necessariamente lunga, ma sicuramente importante per evitare di correre il pericolo di ritrovarsi l’ennesimo elenco di interventi isolati, senza alcuna possibilità di configurare un vero progetto per la città, un modo di far partecipare anche Napoli a una discussione di livello europeo, che comunque, per quanto ci riguarda, provvederemo ad avviare e sostenere. D’altra parte, e sempre più, appare necessario far uscire Napoli dalla logica autarchica in cui continuamente sembra volersi chiudere ed assumere finalmente compiti e scelte di dimensione europea.

(fonte: Il Mattino – 21/06/2009 – di Uberto Siola)
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Marianna Vitiello
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Posted - 24 giugno 2009 :  17:08:54  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
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Originally posted by Marianna Vitiello

IL DIBATTITO
Centro storico gli errori da evitare

Il programma di interventi per il centro storico di Napoli presentato dal Comune suggerisce alcune prime osservazioni, che peraltro vogliono muoversi nella direzione di quella discussione che si vuole attivare fra le varie forze in campo. D’altra parte l’importanza dell’occasione non può che far pensare a una complessa fase di rilettura del documento e, laddove necessario, di significative controproposte. Un primo punto riguarda il modo che abbiamo in Campania di impegnare le risorse europee: perché non bisogna dimenticare che questo programma di interventi si fonda su fondi Ue messe a disposizione dalla Regione. È ben noto che la discussione su come si spendono in Campania questi finanziamenti è una discussione ricorrente che sostanzialmente lamenta la incapacità di trasformare, come dovrebbe, le risorse europee disponibili in fattori di incentivazione di altri interventi, soprattutto per quanto attiene alle risorse private. Questo, di fatto, significa ridursi a produrre elenchi talvolta confusi di interventi senza che questi abbiano la capacità di configurarsi come parti di un piano, di un intervento integrato che ne possa incrementare il valore e il significato, come invece dovrebbe. Il caso di questa prima stesura di una proposta per il centro storico sembra ripetere stancamente questa modalità. Al di là dell’apparato del documento, è evidente che si intravede una modalità di procedura che finisce con il tradursi in un elenco di interventi che non hanno nessuna capacità né di configurarsi come una indicazione organica di piano né, ma ne è una conseguenza, hanno la capacità di attrarre energie e risorse private. Ne è una riprova il fatto che, nel definire un programma così ricco di opportunità, non si fa alcun cenno alle responsabilità e alle competenze urbanistiche del Comune.
Così rinchiudendo sempre più il programma in un elenco di opere e privandolo della possibilità di accrescere le potenzialità di intervento in termini di soggetti e di risorse. Questa dimensione urbana del problema è tutta da recuperare con un’analisi attenta che certamente in molti faremo. Vanno a mio parere anche riprese alcune proposte precise che sono state fatte nel corso di questi mesi (si pensi in particolare a quanto fu detto dal sottosegretario Scotti, dal governatore Bassolino e dal sovrintendente Gizzi in occasione del convegno alla Stazione marittima) e di cui non sembra che ci sia traccia nei documenti presentati. Ma riprendere questo ragionamento sulla dimensione urbana significa anche riportare l’attenzione su alcuni riferimenti generali che il programma assume e che per molti aspetti appaiono sorprendenti. La questione di sbandierare che non ci saranno demolizioni non appare supportata da alcuna posizione teorica emersa in questi anni e contraddice quanto fatto in altre città ed in altri contesti. E questo chiama in causa il ruolo dell’Unesco nella redazione di questo programma, soprattutto per quanto attiene alla opportunità di legare quanto si propone a Napoli con quanto più in generale l’Unesco propone come linee di una politica per i centri storici. Su questi punti a su tanti altri si deve avviare una discussione ampia che investa tutta la città e che contempli anche la opportunità di rileggere quanto è stato prodotto negli scorsi decenni sul centro storico. Sarà certamente una discussione difficile, non necessariamente lunga, ma sicuramente importante per evitare di correre il pericolo di ritrovarsi l’ennesimo elenco di interventi isolati, senza alcuna possibilità di configurare un vero progetto per la città, un modo di far partecipare anche Napoli a una discussione di livello europeo, che comunque, per quanto ci riguarda, provvederemo ad avviare e sostenere. D’altra parte, e sempre più, appare necessario far uscire Napoli dalla logica autarchica in cui continuamente sembra volersi chiudere ed assumere finalmente compiti e scelte di dimensione europea.

(fonte: Il Mattino – 21/06/2009 – di Uberto Siola)







24/06/2009 il Mattino di Napoli
Centro storico e l’utile critica di Siola

L’atteso intervento di Uberto Siola sul centro storico di Napoli merita d’essere ripreso. Perché ci sono idee utili, perché ci sono timori infondati, perché costituisce il primo documento d’una critica discorde, utile dopo i positivi giudizi espressi da molti all'indomani della presentazione del Preliminare del Progetto Integrato Urbano per il centro storico di Napoli. Riassumo i cinque punti principali di dissenso espresso da Siola sul documento presentato: il Preliminare non configura un piano urbanistico organico; come tale, non sarà in grado di suscitare l' interesse dei privati e di attrarre risorse aggiuntive.
Non recepisce le proposte fatte da Bassolino, Scotti e Gizzi nel convegno della stazione marittima; sbandiera l’assenza di demolizioni senza il supporto d’una posizione teorica; il ruolo dell’Unesco qui a Napoli sembra essere diverso dalla linea politica per i centri storici che lo stesso organismo ha praticata altrove. Il Preliminare, scrive Siola, non ha i tratti di un piano urbanistico organico. Infatti, a rigore non li può avere perché è un Progetto Integrato Urbano (PIU Europa). Tuttavia, ambisce ad avere - ed in gran parte ha - il carattere di piano urbanistico per la presenza di almeno tre importanti requisiti di respiro concettuale e territoriale più ampio: interviene su quattro aree del centro storico intimamente connesse; delinea una strategia generale per l’intera area scegliendo la cultura e l’accoglienza come drivers fondamentali e fissa obiettivi specifici per ognuna delle quattro (dalla citta della degli studi, delle arti e della cultura alla città dell’accoglienza e del turismo al Polo artigiano sui Quartieri spagnoli); interviene non solo sugli edifici ma sul complesso degli spazi, degli impianti, delle attrezzature e delle infrastrutture che sono presenti nella varie aree interessate dal progetto. Il Preliminare non è in grado di attrarre l’interesse e le risorse dei privati. Allo stato di elaborazione del progetto, questo limite esiste di necessità, perché nelle procedure di formazione dei progetti finanziati con risorse europee, l'interesse maggiore dei privati nasce e si sviluppa nelle fasi di «manifestazioni di interesse» e nei «tavoli di confronto» che saranno aperti nelle prossime settimane. Il Preliminare non recepisce le indicazioni venute dal convegno della stazione marittima. È vero l’esatto contrario. Fu detto allora che il progetto doveva scegliere le zone del centro storico sulle quali intervenire, scegliere l’obiettivo generale del programma e gli obiettivi specifici d’ogni area. Bassolino disse che occorreva avere attenzione anche per i Quartieri spagnoli e la Sanità. Si veda la bozza discussa in Cabina di regia nel dicembre 2008 redatta da altri responsabili politici e la si confronti con quella attuale. Si potrebbe dire - e neppure tanto paradossalmente - che fu proprio quel convegno a fornire alcune coordinate progettuali generali che sono state riprese nella revisione del progetto attuata dal gennaio 2009. Il Preliminare sbandiera l’assenza di progetti di demolizione senza motivarne la scelta sul piano teorico. In nessuna parte dei documenti emerge una simile posizione. Non è vero che non si demolisca nulla. Ci si muoverà in linea con le indicazioni del Piano Regolatore che prevede la possibilità (non l’obbligo) di demolire, come l’edificio di proprietà comunale a piazza Cavour e altri edifici nell’area del vecchio Policlinico. Nonché, ovviamente, l'edilizia del dopoguerra priva di qualità e non antisismica. Nel Preliminare, appare diverso il ruolo che qui l'Unesco sta svolgendo rispetto alla linea politica affermata in altre occasioni. In attesa d’una collaborazione più strutturata e sistematica con il prestigioso organismo internazionale, per ora si può dire che i delegati Unesco nella cabina di regia non hanno mai espresso una posizione contraria agli orientamenti progettuali tradotti nel Progetto Integrato Urbano. Fin qui, la risposta punto per punto ai rilievi di Uberto Siola. C’è però un passaggio del suo ragionamento che vorrei riprendere, perché è la sola leva progettuale e culturale che può alzare il tono del confronto. Lo cito testualmente: «D’altra parte, e sempre più, appare necessario fare uscire Napoli dalla logica autarchica in cui continuamente sembra volersi chiudere ed assumere finalmente compiti e scelte di dimensione europea». Per noi, la dimensione europea comincia dalla rinunzia a tutti i preconcetti e i pregiudizi che hanno segnato la storia urbanistica di Napoli negli ultimi decenni. Questo è un progetto «laico», che esclude le due religioni della conservazione di tutto a tutti i costi e di programmi decisamente speculativi barattati per rinnovo urbano. Per noi, la dimensione europea comincia con espliciti atti di confronto e di trasparenza, con la disponibilità ad accogliere le parole migliori e più convincenti dei nostri interlocutori nella fase dei Forum che partiranno il 1 luglio. Se per dimensione europea si intende anche l’apporto di professionalità di altissimo lignaggio progettuale, ciò non è escluso dai programmi. Napoli non può che trarne giovamento. Più di tutti lo sa Uberto Siola che negli anni settanta e ottanta con i Seminari internazionali di Sant’Elmo e con l’iniziativa dei 22 progetti per Napoli, ha portato qui in città non i progettisti più alla moda (come è d’uso oggi) ma quelli più bravi. Anche da alcune risposte allora fornite si può ripartire per ampliare, integrare, migliorare, correggere laddove necessario, le proposte contenute nel Progetto Integrato Urbano, Napoli centro storico Unesco.

(Pasquale Belfiore *Assessore all’Edilizia del Comune di Napoli)
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Marianna Vitiello
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Posted - 07 gennaio 2010 :  12:17:21  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
Centro Storico e Forum delle Culture, Comune bocciato

Al Comune la fanno facile, ma la verità è che il Grande progetto del Centro Storico e il Forum Universale delle Culture 2013, due megaoperazioni che risaneranno mezza Napoli con un’orgia di euro, si stanno intrecciando in un viluppo infernale. Di sicuro, o quasi, solo le cifre: 810 milioni di euro per la città antica e poi un miliardo e 200 milioni per il Forum, programmato a Bagnoli.In tutto 2 miliardi e 10 milioni, quasi tutti europei se si eccettuano investimenti parziali di Regione e privati. Il resto è un’incognita: chi gestirà i superfondi? E come, dove e quando? Una palude di dubbi con dentro soprattutto il Comune. Sulla credibilità della giunta Iervolino a gestire i capitali in arrivo, infatti, avanza perplessità autorevoli proprio l’Unesco, l’organismo dell’ONU che preserva il patrimonio artistico e ambientale mondiale in nome dell’umanità. Di suo l’Unesco non ha un centesimo ma governa il rubinetto dei finanziamenti internazionali: nel caso di Napoli, ad esempio, nel ‘95 l’organismo decretò la tutela dell’intero centro storico. Dunque un’egida internazionale, in grado di dirottare risorse sul risanamento della città storica. Ma a un patto: l’attendibilità del Comune beneficiario. E con questo metro, per Napoli si è messa male da subito. Soldi sulla fiducia al Comune? Dopo un sopralluogo nel dicembre 2008, gli ispettori Unesco se ne sono tornati nella loro sede a Parigi con in tasca uno shock, quello del degrado di un centro storico devastato, e un sospetto, quello di gravi responsabilità della pubblica amministrazione sulla deriva della città. E dopo il primo cartellino giallo, ne è arrivato un altro. Napoli ha rischiato l’espulsione dalle città tutelate perché ha snobbato un passaggio-chiave che l’Unesco impone alle amministrazioni interlocutrici: la redazione del «Piano di Gestione», cioè la lista dei tesori da salvare e relative strategie operative. All’Unesco hanno aspettato per 15 anni, poi si sono stufati. Il peggio, però, è arrivato quando al posto del Piano è spuntato ben altro: il megapiano per il Centro storico, firmato nel 2007 da Regione, Comune e Arcidiocesi. Un progettone che sbandierava il patrocinio Unesco e la disponibilità di 220 milioni di fondi europei. Un’avventura che fino a ieri è andata avanti per i fatti suoi, sfornando persino un pacchetto di 31 interventi sul centro storico. All’Unesco non è piaciuto e a novembre ha annunciato l’invio a Napoli dei suoi superconsulenti per marcare stretto la cabina di regia del megapiano, composta da esperti nominati in gran parte da Comune e Regione. «O così o ritiriamo il marchio Unesco, e addio quattrini europei!», è stato l’ultimatum di Parigi. E così il Comune ha dovuto accettare le sentinelle internazionali e dovrà pure spesarle. La sua figura, del resto, il Comune la sta facendo anche nel pasticcio n. 2. Clima pesante, infatti, anche per l’edizione partenopea del Forum, kermesse planetaria della cultura in agenda a Napoli nel 2013. Qui la domanda è: a chi spetta la gestione economica e strategica del superfestival? Già, perché in ballo c’è la riqualificazione di Napoli ovest, soprattutto Bagnoli. Il Forum a Napoli lo ha portato Nicola Oddati, assessore alla Cultura, che il suo ruolo di timoniere dell’operazione lo ha sempre rivendicato ma che per ora presiede solo la Consulta Generale del Festival. Oddati, però, è anche l’ideatore dei 31 interventi sul Centro Storico, quelli che non hanno convinto l’Unesco. Qual è il problema? Che l’Unesco c’entra anche con il Forum visto che lo promuove insieme a Barcellona. E così torna in ballo la sfiducia dell’Organismo mondiale nelle capacità del Comune. L’altra bocciatura, poi, il Comune l’ha rimediata dal Governo Centrale che, in cambio della concessione al Forum del marchio di «Grande Evento» e dei relativi appoggi economici, sta imponendo al sindaco Iervolino la creazione di una struttura commissariale diretta da un fiduciario di Palazzo Chigi: e così, probabilmente, sarà Roma, e non Napoli, a gestire la cassa del Forum.

(fonte: chiaiamagazine - di Alvaro Mirabelli)
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Marianna Vitiello
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Posted - 22 ottobre 2010 :  16:55:00  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
"Il Giornale dell'Arte"
pag. 17 mensile ottobre 2010

PER L'UNESCO NAPOLI RISCHIA LA CANCELLAZIONE


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Marianna Vitiello
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Posted - 22 ottobre 2010 :  16:59:13  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
Archeo News
anno VII Numero LXXXI

Napoli a un passo dall'esclusione




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Marianna Vitiello
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Posted - 29 ottobre 2010 :  16:07:56  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
Tra i rifiuti e il degrado della città
Nell'indifferenza del Comune, Napoli rischia di perdere il marchio Unesco


Altri 4 mesi e l’Italia perderà uno dei suoi 45 siti patrimonio mondiale dell’Umanità. A febbraio 2011 infatti scade l’ultimatum imposto dall’Unesco all’amministrazione comunale di Napoli per la consegna del Piano di Gestione del Centro Storico, l’insieme programmatico di misure per mettere a sistema servizi ed attività quali sicurezza, pulizia, accoglienza ed esercizi pubblici. Si tratta di un documento che Parigi attende da 15 anni e il cui ritardo di consegna comporta l’immediata esclusione dalla lista del World Heritage, come tra l’altro è già accaduto alla città tedesca di Dresda. Un nuovo schiaffo a Napoli e all’Italia intera visto che, con i suoi 45 siti, il nostro Paese detiene il record mondiale di aree considerate patrimonio dell’Umanità.
Eppure il Piano di Gestione del Centro Storico è un semplice documento da compilare e inviare alla sede di Parigi in cui si delinea la strategia per salvaguardare e rivalutare il patrimonio artistico del "casco antico" della città partenopea. In cambio, Parigi premia le amministrazioni locali virtuose con centinaia di milioni di euro, con attività che richiamano il lucroso “turismo culturale” e con il suo via libera ai cospicui finanziamenti strutturali dall’Europa. Ma non solo, perché potrebbe essere anche un’occasione per mettere fine al degrado di una città storica, ancora di più ora che si trova ad affrontare l’ennesima emergenza rifiuti e rivive l’incubo delle immagini delle sue strade colme di spazzatura rimbalzando da un telegiornale all’altro di tutto il mondo.
“Il problema della spazzatura in Campania è lo stesso del Piano di Gestione dell’Unesco: un’amministrazione locale incapace di essere concreta che crea solo un grande caos organizzativo del quale poi siamo noi cittadini a pagarne le conseguenze”, dice all'Occidentale Antonio Pariante, Presidente del Comitato Civico di Portosalvo. Nonostante il termine ultimo di febbraio sia sempre più vicino, infatti, l’amministrazione comunale, a cui spetta l’esclusiva redazione del materiale, ha ignorato la questione del Piano di Gestione per l’Unesco fino a qualche giorno fa quando, di fronte all’incapacità di gestire la questione e alle pressanti richieste di un’Unesco sempre più in imbarazzo, ha stanziato 150mila euro affinché siano alcuni consulenti dell’organizzazione di Parigi a risolvere l’inghippo, più altri 50mila per una società piemontese che dovrebbe organizzare i lavori.
Fondi ovviamente presi dalle casse comunali e dalle tasse sui contribuenti. E pensare che i progetti sono da tempo sul tavolo del sindaco Rosa Russo Iervolino (il Piano integrato “Grande Attrattore Culturale Napoli”, che prevede l’impiego di 64 milioni di euro per il restauro di 30 monumenti dell’area, e l’idea di creare una “zona franca” nel casco antico sono solo alcuni esempi). Ma secondo quanto denunciano associazioni e cittadini è da un bel po’ che il Comune ha lasciato da parte il Piano di Gestione del Centro Storico e ha preferito concentrare l’attenzione solo sul “Forum delle Culture” (nel 2013, infatti, la città di Napoli sarà capitale mondiale delle culture), sostanzialmente perché porterà 2 miliardi di euro di introiti. Intanto, però, la capitale campana rischia di perdere il marchio culturale di patrimonio dell’Umanità, un’etichetta che non ha valore.
E’ dal 1995 che il centro storico di Napoli – tra l’altro il più vasto d’Europa con i suoi 720 ettari – è entrato nel club dei siti patrimonio comune dell’Umanità, la lista di eccellenza dell’Unesco. La promozione aveva lo scopo di favorire il recupero e la valorizzazione del suo immenso patrimonio storico, archeologico e architettonico concentrato nel casco antico, nel rispetto di rigidi vincoli in merito al recupero delle aree protette. Le amministrazioni comunali che si sono succedute però non hanno mai presentato all’organismo di Parigi il Piano di Gestione e quella attuale si è attivata solo dopo l’ispezione straordinaria di una Commissione di Vigilanza dell’Unesco che ha rilevato l’assenza del piano ed è rimasta colpita dal sempre maggiore degrado in cui versa l’area.
Graffiti e scritte campeggiano sulle statue della più importanti di Napoli. A piazza Bellini, le mura greche del V° secolo sono circondate da immondizia e la scultura moderna appoggiata nei pressi, retaggio dell’epoca del “bassolinismo”, è dimenticata in un angolo. Piazza Dante, da poco ristrutturata, è completamente imbrattata come d’altronde anche l’effige di Giuseppe Mazzini nell’omonima piazza. Le inferriate della chiesa della venerabile Arciconfraternita del Ss. Sacramento di Sant’Eligio sono diventati utili per appendere i vestiti e i lenzuoli degli ambulanti e l’interno una comoda discarica per immondizia e sacchetti. Ma non è l’unica perché la Chiesa di Portosalvo, dopo una breve riapertura, è tornata ad essere sommersa dai rifiuti e i lavori di restauro degli interni sono fermi. Anche la Chiesa di San Giovanni Battista delle Monache, in via Costantinopoli, muore nell’abbandono: la scalinata è ridotta in un letamaio, la puzza è nauseante.
Ma il problemi non finiscono qui. Accanto alle difficoltà per il degrado generale della città si aggiunge l’incapacità di coordinare i diversi soggetti di tutela: accanto al Comune, infatti, c’è il Ministero, la Regione Campania, la Provincia, le tre Soprintendenze (ambientale, archeologica e polo museale) ma anche la curia arcivescovile (proprietaria delle 800 chiese dell’area metropolitana). Per Raffaele Raimondi, presidente del Comitato Centro Storico Unesco, il problema principale è la mancanza di coordinamento concreto: “Non otterremo mai nulla se procediamo con interventi isolati di restauro. Il centro storico è un unicum da progettare nel suo insieme, anche utilizzando lo strumento della fiscalità di vantaggio per favorire gli investimenti privati, come è stato per il centro storico di Dublino”.
Antonio Pariante, invece, ora teme non solo che l’Amministrazione di Rosa Russo Iervolino sia incapace di evitare il depennamento di Napoli dalla World Heritage List ma inoltre che anche il Forum delle Culture faccia una brutta fine, come d’altronde è già accaduto nel 2007 con la candidatura della Coppa America nella città partenopea. Per il Presidente del Comitato Civico di Portosalvo solo un interessamento del Parlamento può salvare il capoluogo campano dal declassamento e per questo annuncia una prossima mobilitazione politica “affinché Napoli non venga più lasciata da sola di fronte ad un’amministrazione che continua a voltarle le spalle e ritrovi il suo orgoglio come città”.

(Fonte www.loccidentale.it 28 Ottobre 2010 - articolo di Fabrizia B. Maggi)

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Marcello Mottola
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Posted - 16 dicembre 2010 :  00:02:07  Show Profile  Visit Marcello Mottola's Homepage  Send Marcello Mottola an AOL message  Click to see Marcello Mottola's MSN Messenger address



13-12-2010

Comune di Napoli
Con l'Unesco nuova vita per il centro storico


Un piano di gestione per il Centro storico di Napoli che ne rilanci la vocazione turistica e favorisca un nuovo sviluppo di tutta la città. Si è svolta giovedì e venerdì una sessione di lavoro tra gli esperti dell'Unesco e del Comune di Napoli per la redazione di un documento che promuova la crescita del capoluogo partenopeo. Sull'argomento pubblichiamo due interviste.?Secondo Pasquale Belfiore, assessore all'Edilizia del Comune di Napoli, "lo sviluppo del centro storico riparte con il coinvolgimento di tutti gli attori presenti sul territorio". Per Nicola Oddati, assessore alla cultura di Palazzo San Giacomo, "bisogna riportare nel cuore di Napoli i turisti, vera ricchezza della città"
a cura di Giancarlo Gambalonga

Pasquale Belfiore
La priorità: coinvolgere
tutti gli attori del territorio

La bozza del piano di gestione pare essere quasi pronta. Qual è il punto della situazione?

Siamo in dirittura d'arrivo. Non ci stiamo preoccupando semplicemente di restaurare i monumenti. Stiamo lavorando affinché si dia vita ad un intervento più radicale: rimettere a nuovo l'intera zona rilanciandola anche dal punto di vista economico.

In che modo?

Facendo leva su tutti i fattori economici: dal turismo, al commercio. Tutti devono far parte di un progetto più ampio che, coinvolgendo tutti gli attori del territorio, può fornire nuova linfa vitale alla città.

Cosa si augura per per una buona riuscita?

Innanzitutto l'intervento di capitali privati senza i quali questi piani hanno respiro molto corto e soprattutto una visibilità mediocre. L'unico modo che abbiamo per muoverci è rappresentato dal progetto Sirena, attraverso il quale abbiamo la possibilità di intervenire sull'edilizia privata. Il centro storico è composto per la maggior parte da abitazioni private piuttosto che da monumenti.

Progetto sirena: ci sono i fondi per riattivarlo?

Ora siamo in regime ordinario, quindi ogni due o tre anni il progetto bandisce dei fondi disponibili. Quest' anno abbiamo toccato il record in negativo, si tratta di solo un milione e ottocento che a poco possono servire dati i tanti interventi di cui la città necessita.
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